La Cassazione si è espressa in materia di contraffazione

La Cassazione ha chiarito che la registrazione di un marchio o disegno e modello “fraudolento” non vale a scriminare i reati relativi alla contraffazione

La Corte di Cassazione ha recentemente chiarito, con parole che non lasciano margini di incertezza, che la registrazione da parte dei contraffattori di un marchio o di un design che imita un segno altrui anteriore, non scrimina i reati che puniscono la contraffazione.

Negli ultimi anni si è infatti diffusa una pericolosa prassi che rischiava di mettere in pericolo la tutela penale dei marchi e disegni e modelli celebri. Molti contraffattori hanno iniziato a depositare presso le autorità competenti – come l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) e l’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) – segni che imitano i più noti marchi e design dei settori della moda e del lusso. I contraffattori riescono a ottenere agevolmente queste registrazioni perché, com’è noto, gli Uffici competenti non eseguono un esame di novità, e non verificano dunque se i segni di cui si chiede la registrazione interferiscano con registrazioni anteriori.

Effettuati questi depositi “fraudolenti”, i contraffattori al momento del sequestro della merce esibiscono dunque alle autorità doganali o di Polizia i relativi documenti, sostenendo che il titolo formale ottenuto dall’Amministrazioni esclude la sussistenza dei reati di contraffazione (artt. 473 e 474 c.p.).

Dopo alcune oscillazioni da parte di isolate decisioni di merito, la Cassazione ha ora chiarito la sua posizione con la sentenza n. 1163, depositata il 15 novembre 2018, in un caso di imitazione del celebre marchio “Toile monogram” di Louis Vuitton, rappresentata dall’avvocato Gabriele Lazzeretti, partner dello studio Spheriens.

La Corte ha ribadito, in linea con alcuni precedenti, di considerare errata l’“affermazione che la registrazione del marchio non genuino (o comunque che imita quello originale) esonera l’autore dalla responsabilità penale per il reato di cui all’art. 474 cod. pen.”.  La Corte si è poi spinta anche oltre, rilevando come in realtà si tratti di un vero e proprio escamotage impiegato dai contraffattori per eludere la normativa, e precisando che questa condotta “si caratterizza semmai per una particolare scaltrezza posta in essere attraverso la strumentale registrazione di un marchio artefatto”.

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